Mimose e Cannabis per le nostre donne.

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Voce al cosmetologo: rubrica a cura di Giulia Penazzi

L’Europa vieta i test dei prodotti cosmetici sugli animali già dal 2004, mentre dal 2009 proibisce anche il test degli ingredienti, e la commercializzazione di prodotti e di ingredienti testati su animali in altri Paesi extra-UE.  Ecco quindi che la dicitura “cruelty-free” o “non testato su animali” è superflua per i cosmetici commercializzati in Europa, poiché sarebbe solo l’affermazione che il prodotto in questione corrisponde ai minimi requisiti di Legge, e quindi è per forza così.

Va detto che i test sugli animali sono purtroppo ancora ammessi nell’80% dei Paesi nel mondo. I consumatori sono in generale però sempre più orientati verso prodotti “free of”, infatti secondo un’indagine (fonte: POLO DELLA COSMESI, 13/12/2020) di LightSpeed/Mintel, negli USA il 49% di coloro che acquistano prodotti naturali o biologici ritiene sia importante che i prodotti non siano testati sugli animali; mentre nel Regno Unito il 37% dei consumatori considera che i valori etici di un’azienda, compreso il non effettuare test sugli animali, siano driver d’acquisto importante. In Brasile, il 25% dei consumatori pone in cima alla lista dei prodotti preferiti quelli “animal friendly” seguiti a ruota da quelli “chemical free”. Non solo. Agli occhi dei consumatori è fondamentale che i brand rimangano fedeli ai loro valori e alla loro identità, sia che operino nel loro mercato d’origine sia che si tratti di altri mercati.
Nel 2012 è stata lanciata la campagna #BeCrueltyFree Humane Society International, con l’obiettivo di estendere l’obbligo giuridico dell’Unione Europea sul divieto della sperimentazione animale sui cosmetici, ai Paesi in cui tale pratica è ancora consentita o addirittura imposta dalla Legge. A questa campagna stanno aderendo molti dei più grossi beauty brand, alla fine dello scorso anno figuravano oltre 600 marchi, e la domanda continua a crescere.

Come fare quindi per dare sicurezza al consumatore senza utilizzare un animale come test? La ricerca per fortuna avanza velocemente e i test alternativi di ultima generazione replicano esattamente lo spessore e le caratteristiche della pelle umana. Episkin, ad esempio, è un test in vitro utilizzato per valutare il potenziale corrosivo a livello cutaneo, di prodotti farmaceutici e cosmetici, si tratta di un modello tridimensionale della cute umana, formato da una matrice di fibre collagene I e III, coperta da uno strato di collagene IV e, infine, da uno strato di epitelio differenziato prodotto da cheratinociti di origine umana.

Non possiamo che augurarci che il fenomeno tanto discusso della globalizzazione, in questo caso, porti a un comune divieto di sperimentazione sugli animali in tutto il mondo.

Fonte: Farmacista33.it

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